Dopo l’ allarme “mucca pazza”, ora c’è il rischio della carne clonata – Alimentazione e Dieta Sana

Mucca Pazza addio: il rischio Bse è ormai tramontato, una buona notizia perchè a dieci anni dal­l’ emergenza “mucca pazza“, l’ Unione Europea ha dichiarato cessato l’ allar­me. Nel 2010, per la prima volta, negli allevamenti italiani non si è verificato alcun caso di infezione: le misure di prevenzione si sono rive­late efficaci. La Bse, l’ encefalopatia spongiforme bovina, che induce nell’ uomo lesioni neurali gravi, era stata favo­rita dall’ uso delle farine animali nell’ alimentazione del bestiame, ora proibite. Non dobbiamo farci spaventare dai rari casi di persone che si sono ammalate, perchè i tempi di incubazione della malattia nell’ uomo sono lunghissi­mi: è da escludere che i casi attuali derivino da in­fezioni recenti.

Ma passato l’ allarme “mucca pazza“, chi ama il roast-beef e le fettine di manzo può fare altri “brutti incontri”. Un nuovo allarme recente è infatti il sospetto che sulla nostra tavola possa arrivare “carne clonata”. In realtà non può trattarsi davve­ro di carne di animali clonati, che sarebbe troppo costosa da commercializzare, ma di quella della loro progenie. Il rischio, in effetti, esiste: non ci sono ancora leggi al riguar­do e riconoscerla è impossibile. Non sono nem­meno stati fatti studi adeguati per capire se, mangiandola, corriamo rischi per la salute. Ma il modo per difendersi c’è: dare sempre la preferenza alle carni italiane, dove la pratica della clonazione non è diffusa come in Brasile, Argentina e Usa.

Riconoscerle è facile: in Italia, la carne bovina deve ri­portare l’ etichetta dell’ anagrafe bovina che ne in­dica la provenienza. È una specie di passaporto che segue l’ animale per tutta la vita e riporta il Paese di nascita (l’ Italia è contrassegnata da una “I”), di allevamento, di macellazione e di taglio. Viene eseguito anche un prelievo del Dna, che permette in qualunque momento di risalire, da un campione di carne, all’ animale da cui proviene. Le nostre razze di qualità italiana, poi, offrono garanzie non solo di sicurezza, ma anche di gusto e sono ulte­riormente certificate dai consorzi di allevatori, come il Consorzio produttori carne bovina pregiata delle razze italiane 5R e il consorzio La Granda, presidio Slow Food della razza piemontese.

Un ultimo consiglio per un sana alimentazione quotidiana: al momento dell’ acquisto verificate se la carne ha rilasciato molto liquido, può indicare che il prodotto è stato trattato con ormoni (peraltro vietati) o “gonfiato” (troppo idratato). Meglio evitarlo.

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