Antibiotici nella carne degli allevamenti

antibiotici_nella_carne

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L’uso sconsiderato di antibiotici è una delle cause dell’antibiotico-resistenza: la capacità sviluppata dai batteri di sopravvivere ai farmaci. Ma gli antibiotici sono molto usati anche negli allevamenti, soprattutto in quelli intensivi dove gli animali crescono a stretto contatto. Questi farmaci vengono infatti usati per curare mucche, polli e maiali.
Ma così arrivano nei nostri piatti? Quanti antibiotici “mangiamo”? Sono nocivi?

Uso degli antibiotici negli allevamenti

Gli antibiotici utilizzati negli allevamenti poi finiscono in quello che mangiamo. I cibi in cui possono esserci tracce di antibiotici sono carne, latte, uova, salumi. Il rischio che questi alimenti contengano residui di antibiotici, però, è basso.
Per evitare che i principi attivi restino nelle carni degli animali curati con antibiotici, gli allevatori devono rispettare i “tempi di sospensione”: durante la terapia e per alcuni giorni dopo l’ultima somministrazione, l’animale non viene macellato. Anche latte e uova non sono messi in commercio.

Le regole esistono, quindi, ma bisogna far sì che vengano rispettate. I controlli del ministero della Salute e dei Servizi veterinari delle Regioni sono migliaia ogni anno, e i casi segnalati sono una percentuale minima.
Ma è possibile sapere se la carne che mangiamo è di un animale trattato con antibiotici? La risposta è no, perchè curare mucche o polli con questi farmaci è una pratica comune. Negli allevamenti intensivi, dove polli e suini crescono a stretto contatto, il rischio di contagio è altissimo. Per questo sono dati antibiotici a scopo preventivo anche ad animali sani.

Diverso è il discorso per gli allevamenti bio. Le strutture che hanno ottenuto la certificazione, che compare sulle etichette dei cibi, devono rispettare regole più rigide: fare un uso ridotto degli antibiotici, limitandosi al singolo animale ammalato ed evitando il trattamento “di massa”.

Negli allevamenti intensivi è meglio prevenire le malattie degli animali con i vaccini e migliorare le condizioni in cui sono allevati, così avranno meno bisogno di medicinali. Ma l’uso dei farmaci in zootecnia in Italia resta tra i più alti d’Europa. Negli ultimi anni è calato del 30%, segno che veterinari e autorità cominciano ad affrontare la minaccia dell’antibiotico-resistenza. Bisogna proseguire su questa strada.

Antibiotico resistenza: cause

Esistono pericoli per la salute. La minaccia è che, a lungo andare, gli antibiotici non facciano più effetto. E che le infezioni si diffondano tra gli animali e si trasmettano all’uomo attraverso le carni.
Tra le malattie che con questo meccanismo rischiano di diventare insidiose c’è la salmonellosi. È un’infezione con disturbi gastro-intestinali. La causano batteri che vivono nell’intestino degli animali e che, attraverso i cibi, possono arrivare a noi. Di solito si risolve in pochi giorni e solo chi è più debole, per esempio gli anziani, va curato con l’antibiotico. Ma se la malattia è data da salmonelle “resistenti”, i farmaci non funzioneranno.

Ci sono però dei rimedi da usare in cucina. Per esempio stare attenti a cuocere bene i cibi: il calore uccide i batteri.
Lavare il pollo prima di metterlo in padella è invece un’abitudine sbagliata, secondo gli esperti. Serve solo a spargere i batteri nel lavandino, mettendo a rischio gli altri cibi. Meglio asciugarlo con carta assorbente, da buttare subito dopo.

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