Cause calcoli biliari (colecisti o cistifellea). Sintomi, diagnosi e cura calcoli biliari fegato


La colecisti (o cistifellea) è un organo che aiuta a smaltire i grassi attraverso la bile, ma se si forma un sassolino si tratta di calcoli biliari.

La colecisti ha una forma che ricorda quella di una pera, è un organo che per molti versi è simile all’ appendice: ci accorgiamo che esiste solo se ci fa male.
Conosciuta come cistifellea, la colecisti è in pratica il sacchettino in cui si raccoglie la bile: un miscuglio di succhi prodotti dal fegato con il compito di favorire la metabolizzazione dei grassi.
Infatti, quando il cibo passa dallo stomaco al duodeno (la prima porzione dell’ intestino), parte uno stimolo neurovegetativo che fa contrarre la colecisti per spingere la bile là dove serve, attraverso un canalino chiamato coledoco.
La colecisti è quindi un organo cruciale che si attiva nella fase finale dei processi metabolici, particolarmente delicata perché riguarda i lipidi (grassi) introdotti con la dieta.

Come si formano i calcoli biliari: sintomi

Se la bile si ispessisce e diventa troppo densa, si possono formare dei calcoli biliari. Senza saperlo e senza nemmeno sospettarlo, dato che fino a che non arriva la prima dolorosissima colica i sintomi spesso non ci sono, si comincia a soffrire di calcolosi biliare (o della colecisti), detta anche impropriamente “calcoli al fegato”.
Il problema interessa soprattutto le persone sopra i 35 anni, con una proporzione donne-uomini nettamente a sfavore delle donne che sono quattro volte più colpite dai calcoli biliari rispetto agli uomini.

Cause dei calcoli biliari

Per quanto riguarda le cause dei calcoli biliari, prima di tutto c’è il fattore della familiarità, poiché la tendenza alla formazione di calcoli biliari si trasmette in linea femminile da madre a figlia.
Altri fattori di rischio comuni sia agli uomini che alle donne sono invece l’ obesità, l’ ipercolesterolemìa (colesterolo alto), una dieta ricca di grassi, di fritti e di alcolici, e i dimagrimenti troppo rapidi e importanti.

Anche saltare il pranzo fa male: i digiuni prolungati (oltre le sei ore senza toccare cibo) facilitano la formazione di calcoli biliari. Invece di saltare il pasto completamente, è meglio quindi mangiare qualcosa di leggero come la frutta, uno yogurt o dei grissini integrali.

Nel caso delle donne l’ uso della pillola anticoncezionale può favorire (anche se indirettamente) la formazione dei calcoli biliari: gli ormoni presenti nella pillola anticoncezionale infatti possono modificare il metabolismo dei grassi. Sono consigliate quindi le seguenti analisi del sangue: colesterolo, trigliceridi, transaminasi, enzimi epatici.

Diagnosi e cura dei calcoli biliari

La diagnosi dei calcoli biliari esige sempre un’ ecografia addominale perché i calcoli iniziali, composti da colesterolo, sono radiotrasparenti e non si vedono con una radiografia.
Per la cura dei calcoli formati da colesterolo, si opera su due fronti: quello farmacologico e quello dietologico. Si ricorre infatti a una terapia a base di acido ursodesossicolico ad alto dosaggio (300 mg a pasto), assunto per circa sei mesi. Ma attenzione: le probabilità che questi calcoli biliari si sciolgano grazie ai farmaci senza ricorrere al bisturi (intervento chirurgico) sono maggiori se contemporaneamente si segue una dieta ferrea, priva di fritti, uova, maionese, insaccati, carni grasse, pesci grassi (come l’anguilla, lo sgombro e il salmone), alcolici, latte intero, burro e panna, nonché formaggi stagionati. Tutti questi cibi sono da evitare (sarà il medico stesso a consigliare la dieta appropriata) e non si può sgarrare.

I calcoli calcificati, composti cioè da un agglomerato di colesterolo e sali di calcio, che si formano di solito in una seconda fase rispetto a quelli formati da solo colesterolo, vengono individuati con una semplice radiografia.
Per la cura dei calcoli calcificati si usa direttamente l’intervento chirurgico, sia perché questo tipo di calcoli non si disgregano con i farmaci, sia perché c’è sempre il rischio che, incuneandosi nel coledoco, ostacolino il passaggio della bile e ostruiscano i dotti biliari, dando origine a quelle crisi dolorissime chiamate coliche biliari: fitte acute e improvvise che di solito partono dal lato destro dell’addome irradiandosi verso la schiena fino alla scapola destra, accompagnate da febbre, sudorazione, spossatezza e dolori tali da spingere a recarsi al primo Pronto Soccorso (e spesso è proprio qui che viene fatta la diagnosi di calcolosi biliare).
Durante il ricovero in ospedale prima dell’ intervento, oltre agli antidolorifici viene impostata anche una terapia antibiotica per sfiammare la colecisti in vista dell’ intervento chirurgico.
Va precisato che, contrariamente a quanto si crede generalmente, sono proprio i calcoli più piccoli a rivelarsi come i più insidiosi, perché possono incunearsi nel coledoco più facilmente di quelli di grosso diametro, che invece fanno più fatica a passare.

L’ intervento chirurgico per rimuovere i calcoli biliari si definisce colecistectomia, e consiste nell’ asportazione chirurgica della colecisti. Non è doloroso e può essere eseguito sia in modo tradizionale, con la classica incisione della parete addominale, sia per via laparoscopica.
La tecnica laparoscopica è mininvasiva: richiede solo 2 giorni di degenza al posto di 7 giorni, ed è quindi preferibile alla tecnica classica. Non tutti gli ospedali hanno però un’equipe di laparoscopia: meglio quindi informarsi per tempo.
L’ intervento chirurgico in laparoscopia prevede tre piccole incisioni al posto del taglio tradizionale: una al centro all’altezza dell’ombelico, un’altra a sinistra e l’ultima destra. Attraverso questi forellini, che lasciano cicatrici quasi invisibili, vengono introdotti i ministrumenti chirurgici per asportare la colecisti in modo veloce e sicuro.

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