“Il curioso caso di Benjamin Button” e la leucodistrofia: malattia del cervello degenerativa

Il film del 2009 “Il curioso caso di Benjamin Button” interpretato da Brad Pitt è la versione romanzata di una malattia che porta ad una regressione molto seria, a causa di una forma di leucodistrofia. Ne sono un caso reale i due fratelli britannici Matthew e Michael Clark (nella foto qui di lato a sinistra): entrambi colpiti da leucodistrofia terminale e costretti a tornare a vivere dai loro genitori perché la patologia li fa comportare come bambini (una sorta di regressione psicologica “indietro nel tempo”), nonostante abbiano rispettivamente 39 e 42 anni. I due fratelli hanno subito una regressione psicologica seria: Michael è tornato all’ età mentale di un bambino di 10 anni, Matthew ha perso casa e lavoro. Sono tornati a vivere con i genitori perché incapaci di badare a loro stessi.

Il trapianto di midollo per ora è l’ unica strada per frenare questa malattia che porta ad una regressione sia dal punto vista fisico che dal punto di vista mentale.

Che cos’è la leucodistrofia: una malattia della materia bianca del cervello

Il termine leucodistrofia individua le malattie che portano alla progressiva perdita di abilità psicologiche, motorie e cognitive. I tipi di leucodistrofia noti sono alcune centinaia, ma in tutti i casi si tratta di una malattia metabolica degenerativa che interessa la materia bianca del cervello, in particolare la mielina, la sostanza che ne riveste le cellule. La malattia si sviluppa quando la composizione della mielina, fatta di grassi, proteine e glucidi, è alterata: la materia bianca, formata dal prolungamento delle cellule nervose che si trovano nella corteccia cerebrale e che devono raggiungere le zone periferiche, non trasmette correttamente gli stimoli nervosi.

Le conseguenze di questa alterazione sulla materia bianca possono essere tre:
1- la materia bianca del cervello diventa distrofica, anche se aveva avuto un inizio di sviluppo normale;
2- la materia bianca del cervello non si riesce a formare;
3- la materia bianca del cervello si forma in modo scorretto.

In tutti e tre i casi gli effetti sono degenerativi e implicano o un’ assenza di sviluppo, se la malattia sorge nelle prime settimane di vita del bambino, o una regressione psicofisica, se compare ad abilità già acquisite (come nel caso dei due fratelli Matthew e Michael Clark).

Le tre forme della malattia e i sintomi: leucodistrofia infantile, giovanile e adulta

Le leucodistrofie sono malattie neurogenetiche che danno esito a forme diverse. Si dividono in infantile, giovanile e adulta. In età infantile possono manifestarsi con cecità, crisi epilettiche, irritabilità psicomotoria e ipotonicità muscolare. Poi si manifestano il mancato sviluppo di competenze motorie, mentali, cognitive ed emotive.

In età giovanile e adulta il quadro psichiatrico va in primo piano, con disturbi comportamentali: si diventa presto dementi, perdendo le abilità, e si ha una regressione progressiva nelle capacità di movimento, espressione, cognizione e affettività.

Diagnosi della leucodistrofia

La diagnosi nei bambini è semplice, perché nei primi anni di vita lo sviluppo organico e psichico è molto veloce, e quindi lo sono anche le sue degenerazioni. Inoltre, i segni neurologici tipici di questa malattia indicano in modo inequivocabile la presenza di una causa organica.

In età adulta invece, i sintomi psichiatrici caratteristici della leucodistrofia possono coincidere con quelli di altre malattie, e quindi fare una diagnosi corretta è più difficile. Sono però numerosi gli esami medici che possono mettere in evidenza la presenza di una leucodistrofia: risonanza magnetica, elettroneurografia (cioè l’ esame del nervo periferico), rachicentesi (cioè lo studio del liquido del cervello per valutare se la sua composizione è corretta).

Inoltre, trattandosi di una malattia genetica, nel caso in cui in famiglia esistano già casi noti di queste malattie, è possibile e importante fare una diagnosi prenatale, attraverso l’ esame del liquido amniotico o delle cellule dei villi coriali, che sono la parte embrionale della placenta.

Il trapianto di midollo per rallentare o arrestare la leucodistrofia

Cure risolutive, cioè capaci di guarire la leucodistrofia, non esistono al momento. L’unico intervento in grado di dare risultati certi in termini di rallentamento o anche di arresto (ma non di recupero) della malattia è il trapianto di midollo. Questo tipo di intervento però si può tentare solo in caso di diagnosi precoce. Purtroppo oggi l’ aspettativa di vita per chi è affetto da leucodistrofia è di pochi anni.

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