Obesità: fattori genetici ereditari

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L’ obesità è una malattia grave e complessa, determinata da diversi fattori:
1- genetici (fattori non-modificabili);
2- fattori ambientali e comportamentali, cioè tutti gli stimoli esterni che condizionano le abitudini alimentari e lo stile di vita (fattori modificabili).
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Predisposizione genetica all’ obesità e fattori ambientali

I fattori genetici sono ereditari, vengono cioè trasmessi dai genitori ai figli. In una famiglia nella quale i genitori sono in sovrappeso o obesi, i figli ereditano una predisposizione genetica innata al sovrappeso e all’obesità.
Sulla predisposizione ereditaria all’obesità, agiscono poi i fattori ambientali esterni: regime alimentare e stile di vita.
I bambini che nascono già con un numero di cellule adipose e un volume delle stesse più elevati (predisposizione ereditata dai genitori), se continuano a mangiare troppo e a non fare attività fisica, da adulti avranno un tessuto adiposo aumentato (massa grassa e numero di adipociti in più).
Per questo, se non si corregge la tendenza all’ obesità fin dai primi anni di vita, sarà poi sempre più difficile ottenere un dimagramento duraturo.

Un’assunzione calorica eccessiva (maggiore del consumo energetico e dei fabbisogni), determina inizialmente un sovrappeso del bambino e, nel lungo termine, un accumulo di tessuto adiposo che porta all’obesità.
Infatti, è provato che un’iperalimentazione nei primi due anni di vita, oltre a causare un aumento di volume delle cellule adipose (ipertrofia), determina anche un aumento del loro numero (iperplasia).
L’obesità si può manifestare nel bambino già nella prima infanzia oppure più tardi, da adolescente o da adulto.
Numerosi studi scientifici parlano di rischio familiare dell’ obesità, cioè del rischio di diventare obesi quando un parente di primo grado è in sovrappeso o è obeso.

Gene dell’ obesità: gene OB e resistenza alla leptina

Per quanto riguarda la relazione tra obesità e fattori genetici, i geni che predispongono all’obesità sono in prevalenza quelli coinvolti nella regolazione del metabolismo energetico e quelli responsabili dello stimolo della fame.

Già nel 1994, Jeffrey Friedmann (ricercatore della Rockfeller University di New York) aveva scoperto nei topi il gene “ob”, quello dell’ obesità.
Questo gene è in grado di regolare l’assunzione di cibo e il senso di sazietà attraverso la produzione di “leptina”: un ormone di natura proteica che, immesso in circolo, raggiunge il centro dell’appetito localizzato nel cervello e genera il senso di sazietà.
Se il gene “ob” è alterato
, cioè anormale, la leptina viene prodotta in quantità minore e viene a mancare il senso di sazietà, anche se c’è un eccesso di grasso nell’organismo.
In pratica questo è ciò che avviene nella maggioranza degli obesi, spesso afflitti da una fame insaziabile.

La leptina diminuisce il senso della fame (effetto anoressizzante) e aumenta il consumo energetico dell’organismo, favorendo la riduzione del peso corporeo e della massa grassa.
Quando invece le riserve adipose diminuiscono, la sintesi di leptina si riduce per segnalare all’ipotalamo che occorre aumentare l’assunzione di cibo e ridurre la spesa energetica.
L’ obesità è quindi associata ad una resistenza alla leptina: i recettori dell’ipotalamo di buona parte delle persone obese sono poco sensibili all’azione della leptina.

Il peso corporeo è determinato da un equilibrio tra l’assunzione di cibo e il dispendio energetico.
Anche diverse cellule endocrine gastrointestinali producono e secernono ormoni della sazietà, in risposta al consumo e alla digestione di cibo. Questi ormoni agiscono sopprimendo la fame e promuovendo la sazietà, principalmente attraverso circuiti diretti all’ipotalamo.
Il circuito fame-sazietà è come una rete complessa e fitta di segnali e di risposte. Questi segnali e le rispettive risposte sono alterati nei soggetti obesi.

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