Sintomi anemia (carenza di ferro) da Helicobacter: stanchezza e disturbi digestivi. Diagnosi e cura

Quando gli esami del sangue rivelano che il ferro è in caduta libera, nel caso delle donne si dà subito la colpa al ciclo mestruale o alla dieta. Ma la causa dell’ anemia (carenza di ferro) può essere invece dovuta anche ad un’ infezione nascosta nello stomaco; in questi casi, se si elimina il batterio responsabile dell’ anemia, i valori del ferro ritornano nella norma. I sintomi più comuni dell’ anemia sono stanchezza, pallore, occhi cerchiati da antiestetici aloni bluastri. Gli esami del sangue possono rilevare l’ anemia. Se nonostante l’ assunzione di integratori alimentari a base di ferro dopo alcuni mesi la situazione non migliora e dalle analisi del sangue risulta ancora l’ anemia, allora la causa può essere dovuta alla presenza di un insidioso germe chiamato Helicobacter Pylori che attacca lo stomaco. Si tratta di un’ infezione molto diffusa, nota più per il problema di ulcere e gastriti che per il suo nesso con l’ anemia. Per sapere se è in corso un’ infezione batterica da Helicobacter, basta fare un semplice test in farmacia, soffiando in una provetta: se il test risulta positivo, è in corso un’ infezione da Helicobacter. In questo caso occorre rivolgersi ad un gastroenterologo che prescriverà un pool di antibiotici per guarire dall’ infezione. Una volta curata l’ infezione, anche l’ anemia scompare e i valori del ferro iniziano a risalire e a tornare nella norma.

Esami del sangue e test per l’ anemia (carenza di ferro)

Per scoprire l’ anemia, bastano gli esami del sangue. Dalla formula completa dell’ emocromo risulteranno bassi tutti i valon riferibili alla concentrazione di ferro, come la sideremia, l’ emoglobina e l’ ematocrito. Oltre all’ emocromo è importante anche dosare la transferrinemia e la ferritina: indicano i depositi di ferro a disposizione dell’ organismo. Per sapere se l’ anemia è dovuta all’ Helicobacter basta invece entrare in farmacia o in un laboratorio di analisi ed eseguire l’ Urea Breath Test (costa 30-40 €). Il test consiste nel bere una soluzione con urea marcata radioattivamente (non è pericolosa). Dopo 30 minuti si insuffla l’ aria in una provetta e si fa analizzare l’ espirato da uno spettrofotometro: la presenza di “anidride carbonica marcata” conferma l’ infezione da Helicobacter. Dopo i 45 anni, per escludere il rischio di un tumore gastrico, oltre al test è bene fare anche la gastroscopia, esame che prevede l’ introduzione attraverso la bocca di un tubo videoendoscopico. La gastroscopia serve a ispezionare stomaco, duodeno e a procedere alla tipizzazione della gastrite tramite biopsia.

Infezione da Helicobacter: disturbi digestivi e anemia

L’ Helicobacter è stato scoperto nel 1982, quando i ricercatori australiani Robin Warren e Barry Marshall isolarono per la prima volta uno strano batterio a forma di spirale, che prospera all’ ombra della mucosa gastrica e che causa molti disturbi e difficoltà digestive. La colpa della digestione lenta, dello stomaco gonfio “a palloncino”, del rigurgito acido e, soprattutto, delle ulcere allo stomaco e al duodeno in questi casi è di una vera e propria infezione batterica molto diffusa tra la popolazione occidentale (uomini, donne e persino bambini piccoli). La percentuale di persone contagiate da Helicobacter cresce di pari passo con l’ età: è il 10% nei bambini di dieci anni, il 20% nei ventenni, il 30% nei trentenni. Per la loro scoperta, i due ricercatori australiani si sono aggiudicati il premio Nobel per la medicina del 2005. Nessuno però, allora, sospettava che le patologie causate dall’ insidioso batterio dell’ Helicobacter andavano ben oltre i danni tangibili allo stomaco. Solo con gli anni la ricerca ha individuato alcune “patologie a distanza”, apparentemente slegate dall’ ulcera e dalla dispepsia (termine con cui si indica l’ insieme dei disturbi digestivi, dalla digestione lenta all’ acidità di stomaco), ma ugualmente riconducibili alla radicata presenza dell’ Helicobacter Pylori nella mucosa gastrica. Tra le patologie causate dall’ Helicobacter Pylori, quella che interessa in particolare le donne è la cosiddetta anemia sideropenica, cioè da carenza di ferro, che in Italia colpisce ben il 40% delle donne. Il primo campanello d’ allarme dell’ anemia (deficit organico di ferro) è l’ astenia, cioè una grande e inspiegabile spossatezza. A volte il senso di affaticamento è tale che viene il fiato corto solo a salire le scale o a portare i sacchetti della spesa. Il ferro, infatti, è un costituente essenziale dell’ emoglobina del sangue, che ha il compito di trasportare l’ ossigeno. Se il ferro nel sangue è insufficiente, ecco che l’ organismo entra spesso in dispnea (affanno) per tentare di incamerare più ossigeno con atti respiratori frequenti. Altri sintomi dell’ anemia sideropenica sono il pallore del volto e delle mucose (persino gengive e congiuntive degli occhi appaiono più chiare), le occhiaie e la tendenza alla pressione bassa, con la “massima” sotto i 90 e la “minima” sotto i 60. Il primo passo per scoprire l’ anemia sideropenica è fare gli esami del sangue con la formula completa dell’ emocromo. Se dalle analisi del sangue emerge un quadro di anemia sideropenica, è importante che il medico curante cominci a escludere le principali cause dell’ anemia, come le diete errate, i problemi ginecologici, le malattie che determinano malassorbimento dei nutrienti (come la celiachia e il morbo di Crohn) nonché altre cause ancora più gravi quali la talassemia o il cancro al colon. Il sospetto dell’ infezione da Helicobacter Pylori deve insorgere nel momento in cui non si evidenzino altre cause, soprattutto se parallelamente sono comparsi disturbi legati alla cattiva digestione e magari si hanno dolori epigastrici (nella parte alta dell’ addome). Si calcola che l’ insidioso germe dell’ Helicobacter Pylori sia responsabile dell’ 8% delle anemie sideropeniche. I meccanismi attraverso cui l’ Helicobacter provoca l’ anemia sono due: nella prima fase del contagio il germe dell’ Helicobacter provoca una gastrite iperacida (il suo habitat ideale è a pH 2) che provoca tanti microsanguinamenti della mucosa gastrica, impercettibili ma tali da favorire l’ instaurarsi dell’ anemia. In un secondo tempo, a tre-sei mesi dal contagio da Helicobacter, la gastrite acuta iperacida si trasforma in gastrite atrofica: una forma cronica che impedisce l’ assimilazione del ferro contenuto negli alimenti. Perché il ferro possa essere assorbito occorre infatti che nel nostro stomaco il solfato ferrico trivalente venga trasformato in solfato ferroso bivalente, la forma assimilabile dall’ organismo. In caso di gastrite atrofica da Helicobacter, però, questa trasformazione chimica non avviene e il ferro introdotto con la dieta resta “non disponibile”. Non resta che prendere l’ appuntamento col gastroenterologo e sradicare l’ Helicobacter “mangiaferro”.

Contagio da Helicobacter Pylori

Le vie di contagio dell’ Helicobacter Pylori sono infinite. Trasmettendosi per via oro-fecale, l’ Helicobacter può diffondersi tramite uno starnuto, un bacio, un bicchiere sporco o per mezzo di acque contaminate. In genere, nel giro di 15-30 giorni dal contagio, compare un’ infiammazione cronica della mucosa gastrica, che spiana la strada alla gastrite acuta prima, a quella cronica poi e, qualora il germe continui a lavorare indisturbato, all’ ulcera gastrica o duodenale. Nella maggior parte dei casi si avvertono disturbi quali difficoltà digestive e gastrite, cioè bruciore e gonfiore allo stomaco. Nel 35% dei casi però l’ Helicobacter non dà alcun sintomo riferibile all’ apparato digestivo e l’ anemia sideropenica può essere uno dei pochi segnali evidenti, che si presenta da solo o in compagnia di altri sintomi sfumati quali cefalea, diarrea intermittente, eruttazione, senso di peso allo stomaco.

Cura per l’ infezione da Helicobacter Pylori

La terapia di cura per Helicobacter prevede una massiccia (ma breve) dose di antibiotici, indispensabili per assicurare una sua completa eradicazione. Si prescrive per sette giorni un’ associazione di due antibiotici, amoxicillina e claritromicina: due compresse al mattino, due a pranzo e due a cena. Insieme, va sempre associato un antiacido “profondo” (i cosiddetti inibitori di pompa protonica), da assumere mattino e sera per riequilibrare il pH gastrico e modificare il terreno di crescita in cui prospera il batterio dell’ Helicobacter. Si tratta di un protocollo di terapia che funziona nel 90% dei casi. Nel restante 10% si assiste a forme resistenti che vanno trattate con un nuovo ciclo di antibiotici, sostituendo la claritromicina con la levofloxacina o altri antibiotici. Solo quando l’ Urea Bnatb Test, eseguito come controllo, risulta negativo si può essere certi di aver debellato il tenace germe dell’ Helicobacter. Eliminata la causa dell’ anemia, dopo qualche settimana si ripetono gli esami del sangue: una volta guariti dall’ infezione allo stomaco, il ferro comincia a risalire.

Integratori alimentari e farmaci per l’ anemia

Compresse, sciroppi, pillole, fialette o flaconi: il ventaglio dei prodotti farmaceutici a base di ferro è molto variegato. Attenzione però a non confondere gli integratori alimentari con i veri e propri farmaci, soggetti a ricetta medica. I farmaci vanno infatti prescritti dal medico dietro un’ attenta analisi del tipo e del grado di anemia. L’ assunzione di ferro, infatti, non è priva di effetti collaterali: nei soggetti ipersensibili può dare irritazione della mucosa intestinale, con gonfiore e dolori addominali, dissenteria o, più raramente, stipsi. L’ ideale, comunque, è scegliere preparati in cui il ferro è associato all’ acido folico o alla vitamina B12, spesso carenti in caso di anemia. Nelle farmacie specializzate in prodotti naturali si trovano poi integratori alimentari a base di ferro. A chi mal tollera i farmaci, sono consigliati i vari estratti di piante, frutti e verdure arricchiti con ferro: fiale e flaconi multidose a base di ibisco, ribes, ciliegie o more, succo di mela chiodata, le gocce o compresse di clorofilla (la sua composizione chimica simile al ferro ne migliora l’ assorbimento), e le bustine monodose di acque minerali ferruginose, pronte da versare nel bicchiere. Una formula innovativa prevede compresse o capsule di ferro pirofosfato, che ha subito un processo tale da renderlo più biodisponibile. Prima di assumere qualsiasi integratore è comunque necessario avere la diagnosi del medico. Inoltre, per contrastare l’ anemia ci si può aiutare anche con l’ alimentazione: rispetto a quello contenuto nei vegetali, il ferro della carne si assimila più facilmente. In caso di anemia è bene mangiare alimenti ricchi di ferro come carne rossa (soprattutto il fegato), carne bianca, vongole, ostriche, muesli e lenticchie.

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